venerdì 27 gennaio 2012

BOTTOM FEEDER

id 2007
Ragazzi! Era dai tempi della Full Moon di Charles Band e quel gran manipolatore di porcherie gommose di nome Ted Nicolaou (Se non lo conoscete andate a recuperarvi TerrorVision) che non vedevo un film così brutto. A differenza dei gommosi della Full Moon qua non cìè neanche l'allegra atmosfera Camp di quegli anni, solo il goffo tentativo di generare dialoghi sterili stile americano figo con gangster, killer crudeli e agenti segreti. Il tutto ruota attorno a una specie di milionario senza scrupoli con il volto deturpato in un incidente, si incontra con uno scienziato al quale ha commissionato un siero in grado di rigenerare i tessuti, peccato ci sia una piccola controindicazione: se non si inietta subito dopo una sorta di nutriente (una broda fosforescente che sembra uscita da Re-Animator) che attenui la tremenda fame generata dal siero, una fame talmente forte che ti porta a divorare la prima cosa che passa di lì (un pò come la pubblicità del Tuc!) il che provoca una strana simbiosi con quanto ingerito. Insomma per farla breve il milionario piazza lo scienziato in una cantina a fare da cavia ma dimentica di dargli il nutriente così il poveretto si avventa sui topi vivi e se li magna crudi.
"Sei quello che mangi" dice uno degli attori a inizio film e infatti lo scienziato si trasforma in un gobboso uomo topo dalla forma ridicola che tiene in scacco sia gli sgherri del cattivo sia una squadra di manutenzione finita lì per fregarsi del materiale sanitario (siamo in un vecchio ospedale abbandonato) abbandonato. Randy Daudlin tenta di rifare Alien 2 sulla Terra  manco fosse Ciro Ippolito, l'impresa si rivela un fiacco filmetto buono per il mercato home video, con un pò di splatter visto e stravisto, un Tom Sizemore irriconoscibile e un gruppo di caratteristi assolutamente poco credibili che passano dall'impaurito al coraggioso in modo talmente improvviso da far gridare al miracolo, anche se qui il vero miracolo è riuscire a stare seri di fronte a tanta assurdità. Meno male che si ride insomma, perchè il film dovrebbe far paura!

giovedì 26 gennaio 2012

THE SCREAMING SKULL

(ID. 1958)
Regia Alex Nicol
Cast: John Hudson, Peggy Webber;  Russ Conway

Una voce narrante ci avvisa che questo film fa paura, paurissima mentre la mdp ci mostra una bara aperta, questo film fa così paura che qualcuno potrebbe morire, per questo i produttori del film garantiscono un funerale gratuito a chi ci rimane secco durante la visione. Infatti all'interno della cassa notiamo un biglietto con scritto "reserved for you"! Con queste premesse il film di Alex Nicol sembra prospettarsi molto ma molto divertente ed in effetti, per la prima mezz'ora almeno sembra anche interessante, almeno finchè non si arriva al teschio di cui narra il titolo.

Ma Andiamo con ordine, la storia inizia quando due novelli sposi, Eric e Jenni raggiungono la villa in cui l'uomo ha vissuto fino all'improvvisa morte della moglie, da parte sua anche Jenni ha vissuto un periodo burrascoso con annessa detenzione in un manicomio, dopo aver assistito alla tragica morte dei genitori. Ma il più fuori di tutti è sicuramente Mickey, il giardiniere redneck così attaccato alla ex padrona di casa da parlargli tutti i giorni sulla sponda del laghetto ove è morta. La notte stessa, Jenni rimane sola perchè il marito va in paese, sente strani rumori e continua a veder scomparire i pavoni che vivono nel parco, apre un armadio e ci trova un teschio, tutto normale vero? Poi prende il teschio e lo butta dalla finestra, il mattino dopo Eric cerca di convincerla che è tutta una visione e per provarglielo brucia il ritratto dell'ex-moglie, fra le ceneri Jenni vede ancora il teschio e va in panico, ammette di essere ancora pazza e chiede al marito di tornare in manicomio.


In realtà è tutta una congiura di Eric, che avendo messo le mani sugli averi della donna tenta di indurla al suicidio, al punto da preparare lui stesso la corda. Tuttavia Jenni, aprendo una stanza vede il fantasma della defunta e mentre corre viene assalita da Eric il quale tenta di strozzarla. Interviene il fantasma, vestito di pizzo bianco ma al posto della faccia troviamo ancora questo teschio. Eric lo colpisce e il teschio rotola giù dalle scale, tenta di raddrizzarsi ma si vede che i tecnici che manovrano i fili non je la fanno così decidono di proiettarlo ingrandito a ripetizione. Eric fugge da tutte le parti ma si ritrova il cranio sul collo che cerca di azzannarlo, alla fine, nel momento più weirdo, vediamo eric che infila le dita nelle orbite e simula goffamente una lotta con il teschio prima di finire anche lui nel laghetto. Prodotto dalla America International Pictures di Nicholson e Arkoff, produttori noti per aver lungamente lavorato con Roger Corman, il film, di poco più di un oretta, ha dalla sua qualche bella atmosfera e un'introduzione geniale che da sola vale tutto il film, la musica riprende a tratti temi classi da funerale ma è composta da Ernest Gold, vincitore di un oscar per il tema di Exodus. Il regista Alex Nicol è conosciuto maggiormente per il suo lungo ruolino come attore di 65 film e infatti, anche in questo partecipa nel ruolo di Mickey. Guardando lo scapestrato personaggio che interpreta si comprende anche l'alto tasso di werido presente nel film.

venerdì 20 gennaio 2012

THEY SAVED HITLER'S BRAIN

(Id. 1968)
Cast Walter Stocker, Audrey Caire , Carlos Rivas

Uscito al cinema con il titolo "Madmen of Mandoras" il film di David Bradley divenne una specie di piccolo cult quando i distributori  decisero, nel 1969, di trasformarlo in un prodotto televisivo allungato di 20 minuti grazie al contributo di un collettivo studentesco della UCLA i quali aggiunsero una serie di filmati di repertorio. Nonostante questo sforzo siamo comunque di fronte ad un prodotto di infima qualità dal punto di vista cinematografico anche se l'idea di base, purtroppo mal sfruttata, poteva sicuramente avere sviluppi molto interessanti.
La pellicola parte mostrandoci un elefante che, secondo la voce narrante, sta subendo un attacco coi gas, ed infatti vediamo di lì a poco, il povero pachiderma cadere a terra. Dopo averci mostrato una sequela di filmati storici legati alla seconda guerra mondiale si parte con uno scienziato che sta illustrando l'antidoto ai suddetti gas ad un gruppo di ufficiali dell'esercito americano. Di lì a poco lo studioso verrà rapito e toccherà al suo assistente Phil e alla moglie Kathy seguire le tracce dei rapitori fino alla piccola isola tropicale di Mandora dove un gruppo di sopravvissuti alla disfatta del terzo Reich mantiene in vita il testone del fuhrer. Per la prima oretta la pellicola si mantiene su un tono oscillante tra dramma e commedia con inserti da spy story, quando poi si arriva a vedere la faccia di Hitler chiusa dentro un recipiente di vetro e collegata ad una macchina che
 sembra una radio valvolare, il film si trasforma in science fiction muovendo però l'asticella del ridicolo verso confini weirdo inimmaginabili, sopratutto quando la macchina da presa inquadra le espressioni del fuhrer con il suo faccione silente, gli occhi sbarrati e i baffoni ben visibili sotto l'improbabile nasone dell'attore. Poi ci sono i seguaci della weirmacht che inseguono i nostri eroi armati di baionette e vestiti come soldati delle SS senza elmetto (del resto vediamo ad un posto di blocco anche altri ufficiali senza casco da cui se ne deduce che il produttore aveva finito i soldi), una ballerina che sembra l'etichetta delle banane chiquita ed un finale che sembra infinito dove si inquadra il testone del buon adolfo che si scioglie come cera in mezzo ad un fuoco purificatore, rivelando un teschio fatto talmente male che sembra quello di una scimmia.
Per il resto la villa dove si svolgono le azioni sembra un villaggio turistico, la sceneggiatura sembra perdere e recuperare pezzi scollegando la trama ogni minuto che passa e la recitazione grida vendetta. Il film di Bradley, allontanato giustamente dal mondo del cinema dopo questa brillante prova, è un fulgido esempio di come si possano raggiungere vette inimmaginabili quando si sceglie involontariamente la strada del trash più assoluto.

martedì 17 gennaio 2012

CHAINED GIRLS

(Id. 1965)
Regia Joseph P. Mawra
Cast: Joel Holt, Marlene Eck, June Roberts

Figlio degenere di quella branca del cinema exploitation che sta a metà tra la pornografia nascosta e il mockumentary, Chained Girls è una sorta di nudie cutie travestito da educational movie con il molto nobile proposito di addentrare lo spettatore nel perverso mondo delle lesbiche. Una voce narrante ci accompagnerà per tutta la (breve per fortuna) durata del film partendo dai riferimenti storiografici classici sulla poetessa greca Saffo per arrivare a studi statistici su percentuali inventate che tentano di identificare la natura delle lesbiche. Il tutto condito da traballanti e amatorialissime riprese in bianco e nero che ostentano la vita metropolitana che si alternano a siparietti sexy interpretati da imbarazzatissime ragazze che posano in lingerie davanti all'obiettivo di una fotografa di moda evidentemente lesbica anch'essa.
Come Reefer Madness  e Sex Madness, Chained Girls è pura sexploitation ad uso e consumo di un pubblico bigotto ma pregno di curiosità malsana, autorizzato dagli intenti chiaramente repressivi che questo tipo di cinema esprimeva di facciata ma che, nella sostanza, altro non erano che il pretesto per mostrare un pò di donnine nude che si baciano e si strusciano fra di loro. Insomma siamo agli antipodi del porno, ed è ben chiara in tutto ciò l'ipocrisia insita nell'operazione cinematografica: indagare sul lesbismo come problema sociale mostrando nel contempo al pubblico voyeur come ci si ama fra donne. Immagino che film del genere abbiano fatto incazzare non poco le comunità gay di mezzo mondo (sempre che allora ce ne fossero e avessero diritto a lamentarsi), in realtà oggi spero che ci si facciano sopra una risata anche perchè tra le righe il film esprime un'ignoranza oserei dire abissale nell'illustrare il fenomeno dell'omosessualità. A parte le finte statistiche (ovviamente non c'è alcuna fonte di citazione ma tanto...) le lesbiche vengono divise in due categorie, quelle che fanno le donnine di casa (Femme) e quelle che invece si fingono maschi (Butch) rappresentate da una tizia che si veste da uomo e fuma la pipa, insomma un tentativo di imitare in tutti i modi una coppia normale, con tanto di finto matrimonio celebrato da un finto prete gay. Ovviamente secondo la voce narrante gli intenti amorosi lesbici finiscono sempre male e infatti vediamo subito dopo la coppia di sposine con la terza incomoda in una drammatica scena di gelosia che finisce (addirittura) in omicidio.
 Dulcis in fundo Chained Girls illustra a fine pellicola i tre principali motivi per cui una donna diventa lesbica: Paura del matrimonio/paura di avere dei figli con il matrimonio/odio represso verso tutto il genere maschile.Insomma siamo di fronte alla fiera delle banalità che cerca addirittura una forma autorevole citando di continuo e a sproposito Sigmund Freud. Agli occhi moderni questo capolavoro di sexploitation viene buono per farsi due risate sulla disarmante ingenuità del conservatorismo presessantottino o per lumare un buon quantitativo di lingerie vintage ma del resto gli autori sono comunque nomi di spicco nel magico mondo del cinema esploitativo, il produttore George Weiss fece realizzare anche Glen or Glenda e assieme al regista Joseph P. Mawra realizzarono Olga's House of Shame  capolavoro del cinema sado-maso che ebbe un buon successo e una serie di successivi sequel sempre ispirati al diabolico personaggio di Olga.

mercoledì 11 gennaio 2012

RIKI-OH: THE STORY OF RICKY


(Lik Wong, 1991)

Grottesco, frenetico, ultratrash, estremo e splatteroso: appellativi  che sono perfettamente applicabili a questa sorta di ibrido kung-Fu/gore Flick di Ngai Kai Lam, mai uscito in Italia. Tuttavia con l'avvento di internet e dello scambio virtuale anche questo titolo ha potuto diffondersi in giro e si è gradualmente ritagliato un' invidiabile posizione da cult movie anche qui da noi, grazie sopratutto al passaparola dei molteplici splatterfans che girano in rete. Ricky Oh è un MIP, ovvero un "men in prison" (in antitesi con il ben più gettonato genere Woman in prison)a tutti gli effetti dove i pruriti carcerario sessuali della versione al femminile vengono ampiamente sostituiti dall'uso smodato di budella, sangue e ultraviolenza. Tratto da un Manga di Tetsuya Saruwatari narra di un giovane ( Siu-Wong Fan) dotato di una forza sovrumana in grado di disintegrare corpi umani con il solo effetto di pugni e calci, che finisce in un carcere di massima sicurezza per aver massacrato l'omicida della sua donna. All'interno della prigione Ricky Oh Saiga non tarderà a scoprire che ci sono detenuti violenti, secondini corrotti e un direttore del carcere crudelissimo, accompagnato da un figlioletto obeso, idiota e straviziato. La storia a questo punto diventa  un pretesto per scatenare smembramenti, sfracellamenti di cranio, decapitazioni e deorbitazioni a go-go in una sorta di orgia ultrasplatter che ricorderà ai più l'ormai immortale "Bad Taste ".
Lo zenith dell'emoglobina viene raggiunto quando, durante un duello tra Ricky e il gigante di turno, quest'ultimo si autoestrae le proprie interiora e cerca di strangolarlo, Lik Wong vuole sorpassare tutti i limiti, non importa se si sconfina nel grottesco, l'estremo è la regola ma anche la principale fonte di divertimento, in alcune sequenze ci si può abbandonare a momenti stucchevoli (i flashback della ragazza di Ricky, il vecchio che cerca di difendere con la vita il giocattolo di legno costruito per il figlio) ma si tratta di brevi istanti che cedono subito il posto a una montagna di ultraviolenza e spappolamenti continui. Il rischio di stufare lo spettatore, però viene evitato, grazie sopratutto a una continua escalation di trovate sempre più comiche e sorprendenti ma anche all'estrema leggerezza di un film godibile fino all'osso.
Viene da pensare a quando i monty-python decisero di portare lo splatter nella comicità (la scena dello squartamento del cavaliere nero in Monty Python & the Quest for the Holy Grail ), allora l'accostamento tra sangue e risate era un fattore avanguardistico, oggi il miglior splatter è quello che sgorga da film semiseri come questo, dove si ride a crepapelle mentre un grassone schiaccia la testa a un uomo o un altro finisce maciullato nel tritacarne. Del resto non è altro che l'estremizzazione del cartone animato, peccato che l'uomo in carne e ossa non sia come Willcoyote, ma anche per fortuna sennò dove sta il divertimento in film come questo?

lunedì 9 gennaio 2012

BATH-MAN DAL PIANETA EROS

(Id. 1982)
Regia Antonio D'Agostino
Cast: Mark Shannon, Sabrina Mastrolorenzi, Riccardo Zamagni

Che fare quando ti trovi di fronte ad un titolo come Bath-man dal pianeta Eros e ci scopri dentro Mark Shannon (uno degli attori preferiti di Joe D'amato) vestito con una maschera verde che attraversa le campagne su una bicicletta da bambini, salvo poi ruzzolare maldestramente nel fango? Semplicemente stare a guardare estasiati questo eccezionale documento del cinema underground dei primi anni ottanta, uno di quei titoli che attraversavano felici sale a luci rosse gremite di festanti spettatori arrapati. Sublime poesia del trash, questo disarmante esempio di fantapornocommedia rappresenta il punto di non ritorno dell'imbarazzo in celluloide. Certo...uno potrebbe obiettare che si tratta di un porno tout court e che quindi pretendere eleganza e professionalità sarebbe un pò fuori-luogo, è anche vero che il buon Aristide Massacesi faceva anch'egli dei porno, ma confrontati a questo sembrano usciti dalle fucine felliniane. Eppure se non fosse così sgangherato, malgirato e peggio interpretato, questo film di Richard Bennett (al secolo Antonio D'Agostino) non sarebbe l'esperienza visiva indimenticabile quale invece è.

Una voce narrante ci introduce alcune immagini di New York spiegandoci che la grande mela è diventata la capitale del vizio e della violenza, poi dopo aver visto un commissario di polizia che incita i colleghi a darsi da fare, vediamo un tipo che, d'ora in poi, sarà sempre inquadrato di spalle con indosso un cappottone da guru spaziale (si, vabbè...). Il tipo è il signore del pianeta Eros da cui proviene Bathman e la compagna Bath Baby che hanno anche due nomi spaziali, ovvero Eroticon e Klito-Bell. Il monarca imbacuccato cerca di spiegare ad una sorta di robot umanoide tutto argentato con in faccia due ali di cartone, quello che deve fare ma il robot (che si chiama Helios) è troppo idiota per capire, così tra una trombata e l'altra il signore continua a spiegargli le cose. Torniamo sulla Terra e vediamo il prode Bathman tutto anchilosato con mutandoni ascellari e pantofole che si lamenta del mal di schiena. Da parte sua Bath Baby lamenta lo scarso desiderio del compagno, entrambi ricevono la chiamata quando tre teppisti con bombetta stile Arancia Meccanica e canotte leopardate, cercano di violentare una tipa, che in realtà quando la deflorano urla "Finalmente ho perso la verginità"!!!

I due supereroi cercano di partire con una giardinetta ma questa fa le bizze così bathman inforca il biciclo e parte alla volta dei malfattori. Intanto l'alieno finalmente riesce a comandare il robot di andare a rincitrullire i due eroi. A un certo punto assistiamo all'intrusione nel comando di polizia di due ragazze tigrate (Catwoman) che iniettano al commissario una droga afrodisiaca e si fanno un lavoretto in tre, arrivano anche due supercattivi, uno vestito come un buffone di corte che si fa chiamare Pocker (Ussignur!!) e l'altro invece è vestito come Pinguin pur muovendosi come una checca. Fortunamente Bath-Man li mena tutti, compreso il commissario che nel frattempo ha indossato i collant e cerca di frustarlo con una rosa.

Nel finale vengono invitati tutti a una festa che si trasforma in orgia grazie ai poteri di Helios, il quale riesce finalmente a far capire all'ottuso Bathman che deve menare un pò di meno e trombare un pò di più, morale conclusiva questa che racchiude in sè una splendida quanto semplice filosofia propria del cinema porno di allora, ovvero opporre l'amore e il sesso all'odio ed alla violenza. Anni prima ci fu un altro tentativo di fare parodie porno con il supereroe di Gotham City con un terrificante "Bat Pussy" che a quanto pare sia dieci volte peggio di questo. Incredibile! 

giovedì 5 gennaio 2012

FOR Y'UR HEIGHT ONLY

(Id. 1981)
Regia di Eddie Nicart
Cast: Weng Weng, Yehlen Catral, Anna Marie Gutierrez

Forti di un'industria cinematografica altamente di genere, al pari di quella turca o indiana, i filippini hanno sempre sfornato autentici cult-movie, peccato che da noi non arrivi nulla se non in lingua originale o doppiato in inglese, anche quando si tratta di titoli di importanza quasi storica nel panorama dell'exploitation mondiale come nel caso della più famosa avventura dell'agente 00 interpretato da Weng Weng, alias Ernesto de la Cruz, uno degli uomini più bassi del mondo (praticamente alto quanto una bottiglia di coca cola), vero e proprio scherzo della natura che ha trasformato il suo handycap in una forza trainante del suo successo portandolo spesso e volentieri a diventare assiduo frequentatore  del palazzo di Imelda Marcos.
Appassionato sin dalla tenera infanzia alle arti marziali, Wen Weng girò in tutto nove film, tre dei quali impersonando il mini agente segreto che lo fece diventare un vero e proprio idolo cinematografico nelle filippine, seppur per un breve periodo. Morì nel 1992 a soli 35 anni,  nel 2007 è stato realizzato un documentario dedicato alla sua carriera dal titolo The Search for Weng Weng .
Già dal titolo (Solo per la tua altezza) "For Y'ur Height Only" mette subito le carte in chiaro, stiamo parlando di una parodia, oltretutto una parodia trash del ciclo dedicato a James Bond, Weng Weng ostenta un completo bianco, salta come un matto, viene letteralmente lanciato addosso ai cattivi e appena tocca qualcuno lo stende al suolo, ma sopratutto e incredibilmente ci sa fare con le donne, anche se vedere enormi donnone mulatte che lo baciano spesso ha un che di grottesco nell'insieme, Weng recita sempre con la stessa espressione, sfodera armi talmente assurde quanto ridicole, tipo l'anello che cambia colore in presenza del veleno o il cappello telecomandato e, dulcis in fundo, degli incredibili retrorazzi con cui si sposta in cielo.
Il tutto all'interno di una trama che è poco più di un pretesto con un signore della guerra, tale Mr. Giant (eh beh!) che rapisce il professor Van Kohler per usare la sua terribile invenzione, la N-Bomb, toccherà quindi al piccoletto sgominare la sua incredibile banda di ladri e assassini in un tripudio assoluto di finti combattimenti, sparatorie alla pirite e vestiti ultrapacchiani delle migliori psychosartorie di Manila. In tutto questo il divertimento è assoluto e la sensazione del weirdo permane immota nelle nostre menti mentre scorrono incredibili momenti del miglor cinema spazzatura.  

martedì 3 gennaio 2012

VAMPIROS LESBOS

( Id. 1971)
Regia Jesus Franco
Cast: Soledad Miranda , Ewa Strömberg, Dennis Price

Ricordare al mondo l'importanza stilistica di questa pellicola di Jesus Franco appare assai superfluo, è ormai accettato da tutti, anche dai critici più snob, che Vampiros Lesbos sia un capolavoro. Bizzarro quanto si vuole, kitchissimo nella sua messa in scena ma geniale nel ribaltare il mito del conte Dracula al femminile, adattandolo ad un epoca dove i costumi cambiavano, o meglio sparivano, per lanciare il corpo nudo verso un'estetica cinematografica totalmente nuova ma perfettamente in linea con una nuova emancipazione sessuale, sopratutto per quanto riguarda la donna. Ed ecco quindi che il vampiro diventa femmina, si spoglia, lasciandosi addosso solo il mantello o, al massimo, una sottoveste nera che lascia intravedere ma da più che altro spazio alle fantasie erotiche di un pubblico sempre più esigente dal punto di vista voyeuristico. Sopratutto ecco Soledad Miranda, meteora impazzita del cinema softcore anni settanta, scoperta e coccolata dal maestro spagnolo ma purtroppo, precocemente scomparsa in un incidente, poco tempo dopo aver terminato la lavorazione del film.
Il suo sguardo intenso, le sue labbra socchiuse e il suo corpo efebico ma dotato di un erotismo elegante e mai volgare, sono elementi che restano impressi dopo la visione, immagini intense che divorano le pulsioni sessuali dello spettatore, ancor più delle scene lesbiche, quasi sempre ammiccate e mai esplicite ma proprio per questo eccitanti. Ogni inquadratura ha il sapore dell'opera d'arte, anche le sequenze metaforiche messe a casaccio tra una scena e l'altra con scorpioni, farfalle e gocce di sangue che colano dalle tende.
Ma più di queste colpiscono le luci, i colori, le stanze scarne di mobilio ma allo stesso tempo cariche di quella tensione erotica che sembra fuoriuscire anche dalle pareti. Ambientato in una Istanbul perennemente ammaliata da un tramonto inesauribile che colora di sangue persino il mare, Vampiros Lesbos scorre lentamente, quasi languido, tra antiche dimore di campagna, ospedali psichiatrici e cantine dove albergatori psicopatici segregano giovani donne e le minacciano con la sega (piccolo cameo dello stesso regista) ma sopratutto scorre attraverso una colonna sonora (assolutamente da avere nella propria discografia) che oscilla tra l'eros e l'inquietudine accompagnando uno straniante spettacolo erotico osservato da spettatori maschili inesistenti. Franco trasforma il cinema horror in una favola d'autore, oscillando tra un surrealismo pop d'avanguardia e linee barocche sinuose dove il corpo entra perfettamente in simbiosi con le scenografie circostanti sfociando in un immenso trip psichedelico che naviga sinuoso sul grande schermo.